Guido Melzi D’Eril

Domandiamo se l’ippica italiana, pur avendo tutti gli ingredienti che si richiedono a uno sport (cavalli come atleti, allenatori, guidatori che gareggiano, ecc.) ha i requisiti per essere considerato uno sport credibile?

Abbiamo rivolto in proposito due domande a Guido Melzi D’Eril, già Commissario, Presidente, Segretario Generale Unire, proprietario, gentlemen, allevatore, ora Amministratore Delegato dell’ippodromo Vinovo di Torino

La situazione di grande difficoltà in cui versa la nostra ippica e in particolare gli ippodromi è sotto gli occhi di tutti, lei cosa ne pensa?

 “Sulla situazione dell’ippica in generale c’è poco da dire. Siamo ormai arrivati a un punto di non ritorno. Quanto agli ippodromi si è parlato di trasformarli in aree attrezzate dove trascorrere il tempo libero. Bene, ma negli ippodromi si fanno le corse e il problema è che purtroppo l’attività è mal programmata.  E’ incomprensibile che in certi ippodromi si corra troppo in altri poco. L’attività va programmata anche in relazione all’ambiente, alla presenza dei cavalli e alla funzione dell’ippodromo che in alcuni casi deve essere solo  estiva e in altri estesa a più mesi.

Purtroppo il problema è sempre lo stesso, ognuno coltiva il proprio orto. Assistiamo a una vera e propria guerra di religione dimenticando che senza un disegno collettivo non si va avanti. Giunti ormai sul punto di morte direi che è tempo di “revisionismo“, di riconsiderare criticamente la nostra storia e i tanti errori fatti. Chiediamoci: siamo credibili? Che idea hanno le nuove generazioni del mondo ippico.  Su questo dobbiamo riflettere molto”.

Cosa ci dice dell’Organismo Ippico Italiano?

“L’obiettivo dell’Organismo Ippico Italiano, come anche quello della Lega Ippica, è quello di rifondare l’ippica italiana, consapevoli che si tratta di un’impresa non da poco. Abbiamo investito tempo, soldi e impegno perché siamo convinti che necessita un cambiamento forte e che senza un intervento serio e consapevole la nostra ippica potrebbe scomparire. L’ippica italiana deve essere svecchiata. Abbiamo bisogno di nuovo, dei giovani che conoscano il mondo della comunicazione, di coniugare il nuovo con l’esperienza. Volendo quantificare: un 80% di nuovo e un 20% di esperienza. Dobbiamo sganciarci dai vecchi schemi assistenziali, avere il coraggio d’investire sui giovani. L’opposto di quanto avviene oggi, dove la mancanza di imprenditorialità, il non coraggio di accettare le sfide del nuovo mercato dell’intrattenimento e dei giochi da parte di tutte le componenti ippiche sta portando all’estinzione il patrimonio socio culturale ippico. Il punto di partenza è costituito da un prodotto certificato, equiparabile alle fondamenta di una casa.

La percezione che oggi si ha dell’ippica italiana è quella di un mondo poco credibile. Ecco quello della credibilità, come ho già detto, è un obiettivo primario che riguarda tutto il settore, dagli allevatori ai proprietari, a tutti gli operatori fino agli ippodromi. Un altro obiettivo da perseguire è quello del recupero di una cultura ippica capace di fare proseliti. In Francia o in Inghilterra ad esempio i proprietari acquistano i cavalli non solo pensando al denaro, ma anche per passione e per visibilità. Tutto questo e altro è possibile solo con il coinvolgimento di tutti. E l‘Organismo Ippico Italiano, soggetto inclusivo e non esclusivo, ne è pienamente consapevole“.

Credilità, imprenditorialità e culura ippica.

Bisogna partire da qui altrimenti non ha senso parlare di ippodromi puliti e accoglienti e di recupero di pubblico

Fral

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