Abbiamo letto con interesse l’articolo apparso sul Trotto Turf il 24 di questo mese a firma del direttore Marco Trentini e non possiamo che condividere quanto rappresentato relativamente alle strategie ippiche francesi di fronte ai risultati economici non brillantissimi degli ultimi anni, strategie che, seppure con qualche distinguo, potrebbero valere anche per l’Italia . C’è però un problema e il problema è l’ippica italiana che non è certo “unita e quadrata” come quella francese.
Sulla gestione da parte del Mipaaf c’è poco da dire che ormai non sappiamo. Oltre alle lungaggini sui pagamenti, al malfunzionamento della giustizia sportiva, alle inadempienze e alla sordità di fronte alle richieste del settore, abbiamo dovuto assistere e accettare in tempi non lontani decisioni unilaterali quali quelle sulla programmazione e sulla declassazione di diversi gran premi a svantaggio della maggioranza e a beneficio di pochi che a pensar bene è da incompetenti.
Gli ippodromi divisi in non so quante associazioni, da sempre impegnati a coltivare il proprio orto, alcuni giorni fa, ricevuti dal direttore generale dott. Abate, di fronte alle lungaggini della rendicontazione e relativamente alla sovvenzione del 2017 hanno pensato bene di minacciare la messa in mobilità del personale, debordando poi in un tanto ridicolo quanto impraticabile prelievo sui premi al traguardo a danno dei proprietari che negli ultimi anni hanno visto diminuire di quasi 60% il montepremi. Nel successivo incontro con il direttore generale hanno soprasseduto alle minacce e hanno accettato la promessa della chiusura della rendicontazione del 2016 entro il 31 luglio e l’interessamento da parte del Ministero per la stesura di un nuovo contratto senza rendicontazione e fideiussione da sottoporre alla Corte dei Conti prima della firma.
Ancora una volta sono tornati a casa soddisfatti di avere strappato l’ennesima promessa, speranzosi, ma purtroppo ignari che di promessa in promessa si muore.
Un altro segnale di quanto sia malata la nostra ippica ce lo ha offerto ciò che sta accadendo all’interno di quella che è stata da sempre l’associazione più solida e coesa del nostro trotto, l’ANACT.
E’ inutile ricordare i fatti recenti, ne hanno parlato a sufficienza i siti specializzati e i social. Una cosa è certa, siamo di fronte a un monolite che comincia ad accusare pericolosissime crepe.
Dulcis in fundo i proprietari, gli allenatori e i guidatori in attesa perenne di una boccata di ossigeno e, appena terminato l’ossigeno, di riprendere a boccheggiare lamentando ritardi riguardo ai pagamenti fermi al 2016.
Ognuno per la propria strada, ancora incapaci di guardare al bene comune, disuniti e confusi.
Questa è la nostra ippica. Pensare di emulare i francesi vuol dire essere ciechi.
Fral