Il Consiglio dei ministri del 15 settembre si è riunito alle 12.15, ha esaminato di tutto, dagli embarghi commerciali al codice delle nautica da diporto, ma dei decreti delega relativi alla riforma ippica nessuna traccia, confermando quanto ci era stato riferito.
Fumata nera dunque.
Risulta difficile comprendere come ai piani alti del Mipaaf da lunedì sia stata data per scontata la presentazione prima solo di unotv e scommesse – poi di entrambi – anche passaggio dalla gestione pubblica alla privata – dei decreti attuativi relativi alla riforma ippica e il motivo per cui è stata fatta correre questa “voce”.

Nulla nasce per caso, staremo a vedere.

Maurizio Matti

LO STATO DELL’IPPICA ITALIANA

Lo stato dell’ippica italiana è, purtroppo, molto più grave di quanto emerga dalla lettura dell’articolo e ha radici molto profonde che partono dal 2008.
L’ippica si è sempre sostenuta con fondi che arrivavano direttamente dalle scommesse ippiche, così come lo sport Italiano faceva leva con i soldi derivanti dal totocalcio.
All’inizio del nuovo millennio si assiste  ad una rivoluzione totale dell’ offerta di gioco proposta al cittadino italiano.
Accanto ai quattro giochistorici” (totocalcio, totip, ippica, lotto, lotterie) si assiste nel corso di un decennio sia all’introduzione di nuove tipologie di gioco (slot, VLT, bingo, casino virtuali, poker online) sia all’allargamento dei punti gioco  che portano  ad un notevole aumento del volume del gioco.
Lo sport (CONI) in quel frangente muta totalmente nell’arco di pochi anni la sua natura giuridica e le proprie fonti di finanziamento, mentre l’ippica (UNIRE) rimane ancorata al suo passato, pensando di essere immune dai cambiamenti in essere, parafrasando il detto gattopardianoanche se tutto cambia per me, nulla cambierà”.
La mancanza di cervelli si estrinseca nel rimanere ostinatamente ancorati a schemi ormai superati quali: gestione pubblica burocratizzata, offerta di un prodotto corsa sempre uguale, ma sempre meno qualitativo e competitivo, nessun approccio manageriale, ma solo affidamento alla “buona parola” del politico di turno.

Queste affermazioni sono suffragate da dati ben precisi.

E’ ovvio che a fronte di un allargamento del volume di gioco e l’arrivo di nuovi competitor la quota di mercato dei giochi storici – calcio, lotto, lotterie, ippica – sia significativamente diminuita.
I vecchi prodotti (totocalcio, lotto, lotterie, superenalotto) sono stati modificati, sostituiti o affiancati da altri giochi e il “fatturato” dei giochi storici, se non è aumentato quanto meno è rimasto invariato.

Solo l’ippica ha perso drammaticamente fatturato.

L’ippica italiana di fatto è come un industria che nel terzo millennio si ostina a produrre e cerca di vendere un prodotto obsoleto e di scarsa qualità, destinato a una nicchia sempre più ristretta.
Anche l’ippica mondiale ha subito alti e bassi nell’ultimo decennio, ma in ogni paese hanno cercato di modificare il prodotto corsa o la scommessa o il management per rimanere a galla.
Solo l’Italia è rimasta tenacemente attaccata al suo Statalismo e al suo immobilismo autoreferenziale.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, le risorse disponibili sono calate in modo impressionante come i ricavi dalle scommesse, la diminuzione del montepremi, delle risorse per ippodromi, dei contributi pubblici, con conseguente tracollo tecnico, non rispetto dei regolamenti, diminuzione dei puledri nati e delle corse, pagamenti dopo 6 mesi.
Pertanto dunque il problema è la mancanza di cervelli che rifiutano inspiegabilmente ogni cambiamento.
Sul tavolo del 2018 la politica ha messo tre opportunità quali la riforma privatistica con la delega approvata nel collegato agricolo, il totale ricambio della rete di vendita con notevole incremento dei punti vendita ippici, una riforma delle scommesse ippiche sia a totalizzatore sia a quota fissa.
Il combinato disposto di questa convergenza di occasioni potrebbe veramente essere un’opportunità incredibile di rilancio dell’ippica.

Sembra invece che a prevalere sarà una riproposizione dello status quo, aggrappati ad un vetero statalismo, confidando nell’intervento munifico del politico in cerca di consensi.

Marco Montana

 

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