decreti attuativi del comma 3, art. 15 del Collegato Agricolo, riguardante la riforma delle scommesse – lett. a) – e il passaggio dell’ippica dalla gestione pubblica a quella privata – lett.re b) c) d) e) – non sono nell’agenda del Consiglio dei Ministri previsto per oggi.
I tempi si allungano, il Ministro Martina fa orecchie da mercante e il Mipaaf continua a puntare i piedi per amministrare i 170 milioni destinati all’ippica adottando la politica clientelare che ha portato il settore alla sfascio tecnico amministrativo e al degrado che è sotto gli occhi di tutti.
La legge (v. art. 15 collegato agricolo) non prevede solamente la delega per il decreto sulle scommesse come vorrebbe il Mipaaf, ma anche, in un contesto complementare, e quindi in termini di interdipendenza,  la delega sulla privatizzazione dell’ippica.

Non è quindi proponibile un solo decreto, ma, per attuare la legge e completare una riforma dell’ippica che è indilazionabile e unica via di sopravvivenza per il settore, e per l’indotto, per l’occupazione, occorre emanare il decreto sulla privatizzazione dell’ippica.

Di tutto si potrà discutere, tranne del fatto che il settore ippico stia attraversando una crisi giunta ad punto di non ritorno: previsioni di bilancio clamorosamente sbagliate, prelievi dalle nuove scommesse inferiori alle aspettative, esplicito rifiuto di confronto con tutti i soggetti del settore, contratti collettivi di lavoro scaduti, posti di lavoro più che dimezzati e ad alto rischio quelli rimasti, ippodromi in via di chiusura, pubblico, allevatori, proprietari, allenatori, guidatori, fantini in calo, nascite in calo (da 4.500 a 1.500 per il trotto, peggio in % per il galoppo), riunioni di corse in calo (da 3.000 a 1.500), montepremi in picchiata, convenzioni con gli ippodromi in prorogatio da anni, soppiantate oggi da accordi sostitutivi che peraltro non sono stati posti in essere come tali, sono dati alla portata di tutti ed assolutamente incontrovertibili.
Pesante è la responsabilità delle Istituzioni (Mipaaf in primo luogo) che a distanza di anni dall’azzeramento della struttura di governo del settore (UNIRE prima e ASSI dopo) non sono state in grado o non hanno voluto mettere in campo un progetto credibile di risanamento, consolidamento e rilancio dell’intero comparto.
Altrettanto pesanti sono le colpe imputabili alle Categorie e alle Società di corse che, nonostante il continuo aggravarsi della crisi, hanno mantenuto un alto livello di litigiosità, una cultura corporativa incline al piccolo cabotaggio e una particolare vocazione alla divisione a tutto svantaggio dell’unità del settore, condizione indispensabile per promuovere, sostenere e conquistare una vera riforma.

L’odierna situazione non consente alternative.

La riforma del settore ippico è l’unica strada da percorrere e pertanto va intrapresa, celermente e unitariamente, con determinazione, richiamando con fermezza le istituzioni a svolgere il loro ruolo di proposta e sostegno alla riorganizzazione dell’intera filiera.

Organismo Ippico Italiano

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