Sabato 14 ottobre si è disputato l’International Trot, corsa milionaria presentata come il campionato del mondo in pista da mezzo miglio.
Nell’albo d’oro dell’evento statunitense compariva sino a quest’anno un solo italiano: Delfo, a segno nell’edizione del 1977 con Sergio Brighenti alla guida.
Ecco il ricordo di quell’impresa dalla penna di Rudy Galdi (Cavallo 2000)
“23 LUGLIO 1977. Quarant’anni fa. L’ippodromo è il Roosevelt Raceway alla periferia di New York. Oggi, e da più di un decennio, l’impianto sportivo non esiste più: è stato trasformato in un gigantesco centro commerciale ed è stato sostituito dal Meadowlands (The Big M, dicono gli americani) che però sorge più lontano, a East Rutherford nello stato del New Jersey.
La corsa è l’International Trot, istituito nel 1959. E’ la risposta americana alle grandi corse europee, a cominciare dal parigino Prix d’Amérique. Distanza un miglio e un quarto (2.011 metri) alla pari, pista da mezzo miglio, partenza con l’autostart.
Gli americani lo definiscono il campionato del mondo dei trottatori. Invitano i cavalli che ritengono più validi in rappresentanza delle Nazioni dove il trotto ha maggiori proseliti. E non mancano mai i cavalli italiani perché a New York, e negli States, i ‘paisà’ sono tantissimi e tutti amano scommettere.
Di grande effetto la presentazione dei concorrenti alla sfilata prima della gara: lo speaker racconta la storia del cavallo che si muove in un cono di luce ed è accompagnato da una canzone caratteristica del suo Paese (per l’Italia, come dubitarne?, la canzoni prescelte erano ‘O sole mio’ e ‘Volare’).
23 LUGLIO 1977. Quarant’anni fa. Sei ore di differenza nel fuso orario sono una barriera invalicabile. Non esistono i telefonini, non esiste internet, non esiste nessuna diavoleria telematica. I giornali quotidiani chiudono l’ultima edizione alle due di notte e da quel momento in poi una terra lontana come l’America è davvero un altro pianeta. A New York è la notte di un sabato quando il trottatore italiano Delfo si laurea campione del mondo. In Italia è l’alba di una calda domenica di luglio.
Delfo appartiene al milanese Enrico Tosonotti. La sua scuderia si chiama Little Toy (piccolo giocattolo, in italiano), i colori della giubba sono giallo e verde. Tosonotti ha comprato Delfo con una botta di fortuna, che lo assiste anche al Roosevelt Raceway: punta sul suo cavallo e si riempie le tasche di dollari, incassando la borsa del premio al vincitore e l’ingente vincita al botteghino delle scommesse, grazie alla quota di 10 contro 1.
A cose fatte, cioè al rientro dei nostri in patria, si seppe dello champagne che quella notte circolò a fiumi e del tuffo collettivo nella piscina di un albergo a cinque stelle come logica esplosione di una gioia senza limiti. Si seppe pure della notte in bianco di un giornalista (l’unico al seguito) smanioso di far sapere al suo giornale e agli italiani quello che era successo e furibondo perché impastoiato dal fuso orario.
23 LUGLIO 1977. Quarant’anni fa. Il driver di Delfo è Sergio Brighenti, emiliano di origine e milanese di adozione. Per gli amici ‘el negher’, per i suoi tifosi ‘il pilota’. Brighenti conosce gli americani e il loro modo di correre, conosce il collega francese Jean René Gougeon che guida il favoritissimo Bellino II, conosce il suo Delfo e soprattutto conosce… Brighenti, l’uomo che una volta mi disse: ‘dammi un leone, io lo porto in pista e vedrai che lo faccio vincere’.
Ebbene Brighenti ancora una volta fa a modo suo, cioè si batte per la vittoria e non per un semplice piazzamento. E alla fine ha ragione lui. Delfo va in testa, Brighenti sa come amministrarlo lungo il percorso sicché nella breve retta d’arrivo Delfo ha tanta energia da sfuggire tranquillamente al gigantesco Bellino II. Davide può mettere nel sacco Golia anche in una corsa al trotto.
23 LUGLIO 1977. Quarant’anni fa. Il giorno dopo Delfo ha gli onori della ribalta e nessuno immagina che di lì a poco il trottatore campione del mondo rischierà di morire. Successe che durante il volo di ritorno in Italia il cavallo si imbizzarrì di brutto, forse per qualcosa che gli procurava fastidio ai posteriori, e fu miracolosamente calmato dal suo groom pochi minuti prima che il comandante dell’aereo lo uccidesse perché metteva a repentaglio la sicurezza di tutti.
Mi è sempre piaciuto pensare che il nume protettore dei cavalli non abbia voluto una fine così ingloriosa per il campione del mondo.”
Quarant’anni dopo Delfo, la storia si ripete: un altro italiano conquista infatti l’International Trot, stavolta allo Yonkers Raceway tornato ad ospitare l’International Trot dopo trent’anni. Stavolta è toccato a Twister Bi, il 5 anni figlio di Varenne allevato dalla famiglia Biasuzzi e allenato in Svezia dallo statunitense Jerry Riordan per Pasquale Ciccarelli ed Elena Villani, autore di una prestazione monstre e del record mondiale di 1.10.7 sulla media distanza in pista di mezzo miglio. Ha chiuso da netto favorito, a 2 contro 5, e ha ripagato alla grande le aspettative degli scommettitori, dominando la corsa e disperdendo gli avversari. Tra i quali per poco Oasis Bi, pure allevato dai Biasuzzi ma di proprietà svedese, ha fallito un’accoppiata tutta indigena, chiudendo al terzo posto dietro il canadese Marion Marauder.
Quarant’anni fa i Tg radio, il Tg 1 e i maggiori quotidiani riportarono la notizia e le immagini della vittoria di Delfo e dei 60.000 presenti al Roosevelt Raceway.
Cose da far venire i brividi.
Oggi il successo di Twister bi è passato in Italia quasi nell’indifferenza generale, registrato solo dai siti e dall’emittente di settore, e dalla stampa tecnica.
Segno del passare dei tempi, dei personaggi e dello scadimento della nostra ippica.
Ci piacerebbe pensare che, oggi come allora, il nume protettore dei cavalli non voglia una fine così ingloriosa per l’ippica.
Tev