In un momento in cui da più parti si alza un grido di dolore per la bocciatura di una potenziale riforma delle scommesse cerchiamo di partire dal concetto che deve stare alla base di un’ippica sana ed evoluta.
Le scommesse non sono il fine per il quale si fanno le corse ippiche ma invece devono essere un mezzo per coadiuvare il sostentamento della filiera ippica.
Quindi è la corsa il fulcro su cui deve ruotare tutto il sistema.
Perché la vittoria in una corsa è il traguardo che racchiude in sé la gioia dell’allevatore per il cavallo allevato, l’entusiasmo del proprietario per aver battuto tutti gli altri, la soddisfazione dei professionisti (allenatori, guidatori/fantini) per il lavoro svolto in modo ottimale.
E tanto più una corsa è inserita in un contesto di qualità tecnico-organizzativo tanto più gli scommettitori si troveranno invogliati ad investire tempo, competenza e soldi.
Per ottenere un prodotto di qualità bisogna lavorare duramente su i tre parametri fondanti:
- Rating delle corse
- Rating degli ippodromi
- Rating delle professioni
E questo si può ottenere solo con una rivoluzione copernicana del settore in senso imprenditoriale e privatistico.
Invece oggi si cerca di far passare il concetto che il prodotto corsa è marginale mentre è preminente la tipologia della tassazione sulle scommesse perché questo porterebbe più risorse.
Purtroppo già in passato la filiera è stata illusa di far conto su incrementi iperbolici degli introiti da riforme delle scommesse rivelatesi poi fallimentari o interventi di sciacallaggio sulla rete distributiva storicamente ippica con l’introduzione delle scommesse sportive e il superenalotto senza ottenere né una lira né un euro.
La logica dei concessionari dovrebbe essere di chiedere a gran voce un prodotto certificato da poter vendere nel modo migliore agli scommettitori e in questo caso la sinergia con la filiera ippica sarebbe vincente.
In chiusura riportiamo un attuale pensiero espresso circa 140 anni fa:
“Le cose ippiche in Italia sventuratamente non sono prese sul serio, il Governo si accorgerà troppo tardi che danno porti l’aver trascurata l’industria: fintantoché si continuerà ad avvalersi di incompetenti, saremo costretti a disperare dell’avvenire dei cavalli d’Italia” (La Gazzetta Ippica Italiana, 1 Ottobre 1876).
Redblack