Nel testo sottostante sono riportati gli “incipit” di tre racconti reperibili in internet che raccontano storie di cavalli e uomini di cavalli perché l’ippica non è e non deve essere solo bassa politica, scommesse, aliquote, ritardi, tagli ed insulti, ma principalmente un mondo di passione, cultura ed è una storia dove convivono i campioni, dove chi cade può risorgere e che un’occasione unica può capitare a tutti.
La prima delle tre l’abbiamo completata, speriamo che per le altre 2 qualcuno trovando stimolo, nostalgia e rispetto per il cavallo da corsa le completi.
Valori oggi più che mai dissueti nell’ippica italiana. Come gli “uomini da cavalli”: in via di estinzione, sostituiti da “puffi”, derivati sintetici di una politica cattiva e becera.
Buona ricerca e buona lettura
Dal sito “Io Gioco Pulito”
La Storia dell’ippica: Tornese e Crevalcore, i Coppi e i Bartali del trotto
da Francesco Beltrami
Continuiamo a raccontare l’ippica dei tempi andati parlando questa volta di trotto.
Siamo nuovamente negli anni Cinquanta, gli stessi del grande Ribot, solo che stavolta discorreremo di una grande rivalità, quella fra Tornese, il “sauro volante” nato nel 1952 proprio come Ribot e Crevalcore, di un anno più giovane.
Di Tornese è incerta fin la paternità, dichiarato nelle genealogie ufficiali come figlio di Tabac Blond era probabilmente figlio di Pharaon, nacque in un allevamento di Grandate da Balboa e rimase per tutta la carriera di proprietà di Sebastiano Manzoni.
Crevalcore invece era un allievo della scuderia Orsi Mangelli, giubba storica del trotto italiano, ma fu poi ceduto nel 1959 all’Allevamento Val Serchio di Licia Giusti dal Conte Paolo Orsi Mangelli all’insaputa del fratello Orsino che era invece innamoratissimo del morello e si arrabbiò molto una volta venuto a conoscenza della cessione.
Per assistere alla nascita della loro rivalità dobbiamo però tornare al 1957 quando il 5 anni Tornese, già famoso e vincitore di diversi Gran Premi si trovò ad affrontare la miglior forma francese nel Gran Premio delle Nazioni sui 2100 della pista di San Siro nell’autunno milanese. Nove i partenti tra cui la mitica campionessa francese Gelinotte, relegata però in seconda fila col 9, ma impegnata alla pari, non con i 20 metri di penalità che solitamente i trottatori transalpini rendevano ai nostri, gli indigeni in gergo ippico, a quell’epoca. Tornese si avviò col 7, alla sua sinistra col 6 quello che sarebbe diventato il suo più acerrimo rivale in pista, Crevalcore, che di anni ne aveva 4 ed era quindi al termine dell’attività giovanile, dove era stato impegnato con molta parsimonia dai Conti Mangelli che gli avevano risparmiato le prove più importanti e dure del calendario nazionale. Era comunque arrivato al Nazioni da grande promessa dell’ippica italiana, con 22 vittorie e 2 secondi posti nelle 24 corse disputate prima.
Ebbene in quella prima sfida Crevalcore batté Tornese andando in testa fin dal via con una partenza straordinaria e controllando la sua bordata finale all’esterno e anche quella della temutissima Gelinotte, solita vincere facilmente quando scendeva in Italia e che stavolta dovette accontentarsi del terzo posto. Dopo l’arrivo, Sergio Brighenti, “Il Pilota” forse il driver più famoso di sempre del trotto italiano pronunciò le famose parole che sanzionarono la nascita della rivalità tra i due campioni: – Ci rivedremo!-
E infatti si ritrovarono l’anno successivo, il 1958, che gli appassionati di trotto dell’epoca ricordano come “L’anno di Tornese”. Per l’allievo di Brighenti era iniziata male, a Parigi nel prestigiosissimo Prix D’Amerique, terminato tra gli ultimi lontano dal dominatore francese Jamin, più però per una condotta scriteriata di corsa da parte del driver che per sue colpe. Poi a febbraio il rientro a San Siro con una grande vittoria sui 3.000 metri dopo averne persi 80 alla partenza per un’incertezza nell’andatura.
Quell’anno per Crevalcore non ci fu nulla da fare: si disputava all’epoca una sorta di Campionato Italiano di Trotto con dieci prove nei vari ippodromi italiani, ciascuna delle quali dava al vincitore 10 punti in classifica, Tornese riuscì nell’impresa di chiudere la stagione con 100 punti essendo incredibilmente riuscito a vincerle tutte!
In quel 1958, una domenica di Maggio a Firenze Tornese conquistò anche un clamoroso record: corse infatti con la media chilometrica, per i tempi stratosferica, di 1 minuto 15 secondi e 7 decimi i 2100 metri del Premio Duomo. Crevalcore per stargli dietro era sbottato di galoppo finendo squalificato. Come abbiamo già detto Paolo Orsi Mangelli ritenne Crevalcore talmente inferiore al rivale da decidere di venderlo alla signora Giusti per il 1959.
Il cavallo venne affidato a un altro mito del trotto italiano, Vivaldo Baldi, che individuò subito un problema: Crevalcore era troppo massiccio e provvide a far perdere una settantina di chili al morello che imparò a partire fortissimo e tornò a riuscire nell’impresa di battere qualche volta il rivale. Clamorosa fu la finale del Campionato Europeo di Cesena, sfida diretta tra i vincitori dei due heat, che nel 1959 furono appunto i protagonisti della nostra storia. Crevalcore sbagliò in partenza e dovette essere rimesso al trotto da Marcello Baldi, che lo guidava per un appiedamento subito da Vivaldo, perdendo 30 metri. In sediolo a Tornese c’era Gioacchino “Cencio” Ossani che da qualche tempo aveva sostituito Sergio Brighenti per volere del proprietario Sebastiano Manzoni che mal aveva preso qualche sconfitta patita dal suo portacolori. Ebbene Ossani tenne una tattica estremamente prudente, non provò ad approfittare del vantaggio allungando ma risparmiò Tornese convinto di poter contenere in arrivo un Crevalcore che nel frattempo avrebbe dovuto spendere per rimontare. Invece Crevalcore si presentò cattivo all’esterno di Tornese e sotto pressione fu quest’ultimo a rompere lasciando la vittoria al pupillo dei Baldi. Il collerico Manzoni esplose riaffidò il cavallo al “Pilota”, e da quel giorno la sfida tra i due fu praticamente a senso unico per Tornese. Era però talmente sentita dallo stesso Manzoni da originare a volte condotte di gara suicide: in occasione del Gran Premio delle Nazioni 1960 a San Siro ordinò a Brighenti di andare ad aggredire Crevalcore, se fosse andato al comando come faceva di solito, e come avvenne. Il driver eseguì e il risultato fu che entrambi arrivarono senza energie in retta d’arrivo regalando la corsa agli altri avversari.
Crevalcore andò in razza pochi mesi dopo quel Nazioni 1960, mentre Tornese pur essendo un anno più vecchio del rivale continuò a correre fino al limite massimo di età per i trottatori: concluse la carriera il giorno di Santo Stefano del 1962 a dieci anni suonati all’ippodromo romano di Tor di Valle, concludendo terzo l’omonimo Gran Premio. A novembre aveva vinto ad Agnano la sua ultima corsa, il Premio Golfo di Napoli. Chiuse la carriera agonistica con 133 vittorie ( 36 gran premi ) in 229 corse. Come stallone Tornese non diede risultati importanti, come spesso capita ai soggetti molto sfruttati in corsa, e morì anche piuttosto giovane, nel 1966, a 14 anni.
Frankie Dettori: Quando sette vittorie in un pomeriggio trasformano gli uomini in “dei”
da Francesco Beltrami
“Sette vittorie in un pomeriggio trasformano gli uomini in “dei” scrisse il londinese Time dopo che Lanfranco Dettori il 28 settembre 1996, vinse sette corse su sette in un dei templi dell’ippica, l’ippodromo di Ascot. E non sette corse di un giorno qualunque, ma corse di gruppo, di quelle che restano per sempre negli albi d’oro. Quando arrivò la mattina all’impianto Lanfranco, “Frankie” per gli inglesi, era già il fantino numero uno al mondo, quando ne uscì la sera era leggenda……………………CONTINUA………………………………………………
Dal sito “foodandtravelitalia.it”
Le grandi storie ippiche italiane che non si possono dimenticare: la vittoria americana di Price Tady: emozione, ardore, coraggio e tanta Italia
Daniele Fortuzzi intervista il grande allenatore Gaetano Benetti
In un momento così difficile per l’ippica italiana, o meglio che per le corse di cavalli che si svolgono in Italia (l’ippica è un’altra cosa e la praticano in pochi nel nostro paese), voglio raccontare una storia romantica, emozionante e patriottica che un routinier, ma soggetto di classe e grande cuore di nome Prince Tady, ha fatto vivere agli emigrati italiani negli States alla fine degli anni 60………………………CONTINUA…………………
C’era una volta l’Italia dei cavalli, quando gli ippodromi erano salotti, quando entrare nelle scuderie era una gratificazione, le corse emozione, sfilate e giri d’onore sublimazione, un campione un sogno, quando una stretta di mano aveva un significato, quando lo sport italiano dei cavalli da corsa era un fiore all’occhiello del made in Italy.
Auguri di buone Feste
Organismo ippico Italiano