In data 27 dicembre è uscito il decreto su “Importi Dovuti Ippica 2018” che (allegato) è un palese esempio della degenerazione burocratica che la filiera deve subire.
Riguarda il rinnovo colori, licenze, qualifiche e quant’altro.
Il massimo del tragico – comico si raggiunge con la richiesta di € 1.700 per la concessione a correre con nome pubblicitario.
Il decreto afferma in modo chiaro in data 27 dicembre che la scadenza per i rinnovi era il 30 novembre.
Gli utenti ippici vengono a sapere gli importi da pagare 27 giorni dopo la scadenza a norma di regolamento.
Bontà Loro dopo 27 giorni prorogano la scadenza al 31 marzo 2018.
Morale: nessuno poteva essere in regola.
Nella sua prosa in burocratese arcaico il ministero ammette candidamente che dal 30 novembre al 27 dicembre gli ippici patentati non hanno corso come il regolamento impone.
L’unico caso in tutta l’ippica mondiale, dove però la regolarità delle operazioni è garantita da organismi privati, e bandi, montepremi, sovvenzioni vengono assegnate e distribuiti per meritocrazia e non per clientelismo politico.
Una domanda sorge spontanea: quale mole di lavoro doveva essere evasa (i pagamenti? ma va!) per non poter emettere un breve decreto che prima del 30 novembre posticipasse la scadenza, così da rendere se non efficiente il sistema, almeno a norma di regolamento?
Oddio, facendo un passo indietro, se si considera che ad ottobre gli uffici preposti non si sono accorti del taglio di 4M del decreto fiscale che poi ha creato danni ingenti a tutta la filiera nel mese di dicembre, queste piccole divagazioni rientrano nello standard dell’insipienza ministeriale.
Se i dirigenti non sono al passo con le leggi emanate giornalmente, come si può pretendere che si aggiornino su regolamenti che arrivano da anni addietro!
Speriamo almeno che nel 2018 gli uffici riescano a controllare se i pagamenti effettuati siano reali o solo promesse.
La difesa degli onesti non è nella speranza dell’onestà degli altri, ma sulla capacità di controllo degli uffici preposti.
Ultima annotazione, Organismo Ippico censura i comportamenti del MIPAAF perché il suo apparato ci costa circa 6M e quindi deve controllare e decretare, anche le magagne degli ippodromi ed è ridicolo che il soggetto “tenutario” dell’anagrafe equina, che dovrebbe sapere quanti cavalli ci sono e dove, chieda il censimento agli ippodromi.
E’ come se un comune per sapere la residenza dei cittadini si rivolga ai portinai dei palazzi!
Ma per fortuna dell’anagrafe questa è stata tolta al Mipaaf e c’è ancora qualcuno che si chiede perché, ammesso che sappia cos’è l’anagrafe equina!
Si conferma la strategia del Mipaaf e dei suoi fedelissimi che predicano bene e razzolano malissimo.
Il loro rilancio del settore è questo: tagli al montepremi e all’occupazione e qualità delle corse sempre più scadente.
RedBlack
All.to 1:
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