Aver parlato dei finanziamenti dell’ippica ha suscitato un vespaio con varie ironie sulla terminologia di  “soldi pubblici” arrivando ad evocare anche l’ex di tutto Galan.
Ribadiamo, ed invitiamo a smentirci, che i finanziamenti ippici arrivano per disposizione di legge inerenti alle aliquote delle scommesse, dalla legge 2/2009 (o 185/2008) “legge Zaia” sia per quanto riguarda la % sul PREU delle slot sia la quota dai giochi per il montepremi.
Non solo sono obblighi di legge la messa a disposizione dei fondi ma esistono poi disposizioni legislative (legge 449 e dpr 198 e 2/2009) che impongono come devono essere spesi questi soldi tra cui anche, montepremi, provvidenze, remunerazione agli ippodromi.
Alcuni pensano che i soldi elargiti dalla legge Zaia siano troppi altri (l’Organismo) che siano pochi.
La nostra provocazione è voluta  per le seguenti riflessioni.
Per il montepremi nel 2006 erano messi a bilancio 218 milioni di euro, ora solo 88, che sino a prima del passaggio dell’ippica al ministero i pagamenti erano effettuati regolarmente il 15 del mese successivo a quello di riferimento e adesso con mesi di ritardo, mentre per  portare un cavallo a correre il vannista vuole essere pagato perché mancano persino i soldi per il gasolio.
Medesimo discorso per i fornitori di paglia, fieno, avena i cui prezzi per inciso negli anni sono lievitati, al contrario del montepremi in discesa verticale.
Il Mipaaf, giova ricordarlo, come prima l’Unire e poi l’Assi, ha quale fine istituzionale indefettibile la promozione della cultura del cavallo italiano.
E ai sensi dell’art. 12 del DPR 169/98 e dell’art. 5 del D. Interministeriale 20.04.1999, vengono, di concerto, stabilite dai Ministeri competenti, le quote di prelievo sull’introito lordo delle scommesse sulle corse dei cavalli da destinare al Mipaaf (prima all’Unire) e, al fine di garantire l’espletamento dei suoi compiti istituzionali, il montepremi e il finanziamento delle provvidenze per l’allevamento. Pertanto, la pregiudiziale dell’invarianza del montepremi si basa non su una mera richiesta di elargizione, ma sulla disciplina di legge, che pone il montepremi quale voce stabile e non residuale del bilancio. E’ all’interno di questo meccanismo programmatico e istituzionale che si deve affrontare, in termini d’imprenditorialità e secondo criteri di produttività, il piano per la nuova strategia dell’ippica, finalizzato all’ottimizzazione del  prodotto ippico e dei bilanci.
L’opposto della ricetta proposta dal Mipaaf, che continua a sbandierare un piano strategico che non esiste, ma tuttavia strumentale per il depotenziamento del settore ippico, in linea con le allarmanti dichiarazioni rilasciate dal segretario Unire, Franco Panzironi, alconvegno internazionale del sistema giochidel 27-28 febbraio 2003:

Il settore dei giochi che richiedono competenza (scommesse ippiche e sportive) è rimasto al palo, i giochi di fortuna (Lotto, Superenalotto, ecc.) invece sono la parte più importante del totale e il loro andamento è positivo. Io come operatore del mercato, se dovessi sviluppare un nuovo prodotto, forse saprei quale settore scegliere e avrei anche qualche idea su come farlo e perché.

Piano di mezzo” e i Generali senza esercito condividono ora come allora l’area politica.

Ricordiamoci Saverio Abate Commissario e Franco Panzironi segretario all’Unire per volontà di Gianni Alemanno.

Nel febbraio del 2003 Franco Panzironi non si occupava dei giochi di fortuna, ma era già da quattro mesi il segretario generale dell’Unire, l’Ente che dovrebbe incrementare le razze equine e, quindi, le sue scommesse che richiedono competenza.

Ora come allora, “piano di mezzo” e statalisti, hanno favorito con il recente emendamento sulle scommesse i concessionari e penalizzato la filiera ippica.

I numeri sono numeri – pubblicati più volte – e non si discutono.

Il Mipaaf sembra dimenticare che questo affanno nei bilanci è dovuto anche al problema dei crediti non esigibili, quei maledetti “minimi garantiti” che una legge (n. 200 del 1 agosto 2003) ha spalmato, o quasi condonato, ai concessionari alla raccolta delle scommesse e ad una transazione dei canoni tv – soldi dovuti dai concessionari all’Unire per l’utilizzo del segnale tv -.

Operazioni costate alla filiera e alle società di corse oltre 400 milioni di euro.

Operazioni clientelari che sistematicamente sono riproposte da dirigenti e politici ippici che con le loro  scelte scriteriate anziché rilanciare hanno smantellato il settore.

Il Mipaaf giustifica il proprio operato sulla base di un parametro di redditività che tutti gli operatori ippici hanno ritenuto aberrante, perché senza alcun valore logico né statistico.
Idoneo solo a dare il via libera per stravolgere le scale dei valori degli ippodromi italiani.
Le corse in notturna rendono meno di quelle in diurna, perché nei tre mesi estivi il gioco diminuisce sensibilmente. E allora come si dovrebbe procedere secondo gli indirizzi del Mipaaf? Ridurre le corse e montepremi in ippodromi come Cesena, Montecatini, Varese e altri impianti che riescono ad avere sino a quattromila presenze per convegno.
Con questa classificazione quantitativa e non qualitativa, le società di corse – vicine da sempre al Mipaaf – penseranno sempre e solo ai loro tornaconti, chiedendo continuamente la questua e tagliando i servizi al pubblico, dai bagni ai ristori, per non citare la manutenzione delle piste, delle scuderie, dei piazzali, ostacolando quel ricambio generazionale indispensabile per il settore.

Pubblico, passione, proprietari, allenatori, allevatori, lavoratori costituiscono un’unica filiera, senza la quale lo sport dell’ippica perde la sua essenza di cultura, di scommessa intelligente per diventare una “roulette”.

Questo sembra, in contraddittorio, l’intento che traspare dagli studi ragionieristici del Mipaaf.

Per non citare i posti di lavoro che sono in continua diminuzione.

Senza entrare nel merito del cattivo uso della giustizia sportiva, della diminuzione dei ricavi e della trasparenza delle corse, come Mario Monopoli ha segnalato:

Di questo sono testimone, considerato che proprio mio fratello Ferdinando …….in una gara tenutasi in un ippodromo, di cui preferisco non fare il nome – dato che altre realtà non sono molto diverse – è stato protagonista di un episodio di presunto disturbo a carico di un altro guidatore. Quest’ultimo al rientro nelle scuderie ha messo in atto una sceneggiata da Far West e mentre si defilava, sono spuntati dietro di lui una decina di persone che hanno operato nei confronti di Ferdinando un vero e proprio assalto con tanto di calci e pugni.
Persone che non avrebbero dovuto avere accesso alle scuderie e che invece in barba a tutti gli articoli del regolamento delle corse erano presenti.
Ho potuto costatare che purtroppo intimidazioni e tentativi di corruzione sono frequenti.
Una settimana prima del fatto sopra esposto alcuni sconosciuti, nello stesso ippodromo, sono entrati nelle scuderie e hanno proposto a mio fratello – che ha segnalato il fatto alla giuria che ha annullato la corsa – di 
non correre a fondo….”:

Che cosa si è fatto? Che cosa si sta facendo? …Niente.

Per il Mipaaf, l’ottimizzazione tenderebbe a un livellamento verso il basso dello spettacolo ippico.
L’inverso degli obiettivi dichiarati.
La produttività generale deriva dagli interi comparti corse e ippodromi e non dalla resa di una singola corsa o di un singolo ippodromo.
Il rilancio dell’ippica non passa attraverso le parole a vuoto e il protagonismo dei soliti noti che prima o dopo dovranno rispondere dei disastri che hanno fatto e stanno a continuando a fare, ma attraverso un’azione coesa di tutte le persone di buon senso che hanno ancora “a cuorela cultura e lo sport del cavallo da corsa e la “buona occupazione”, nel rispetto della propria dignità.

Maurizio Mattii e Marco Montana

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