Ieri tre articoli uno di Franco Castelfranchi su Trotto&Turf e altre due, rispettivamente di Michele Ferrante ed Enrico Landoni su La Gazzetta dello Sport hanno evidenziato, se ce ne fosse bisogno, come il Mipaaf pensiero faccia acqua da tutte e parti.
Il confronto
Trotto&Turf confronta Derby con Amerique e Gulfsttram Park.
Amerique e Derby hanno la stessa dotazione con la differenza che la corsa parigina ha registrato 38.000 paganti con scommesse sul campo pari a € 1.754.000. Dati dieci se non più volte superiori all’evento romano. Ancora più ingeneroso il paragone con Gulfstram Park, paganti 16.400 scommesse per poco meno di 42.000.000 di dollari.
Classificazione
In Italia ( Ferrante – Landoni) nonostante il calo del 16% delle scommesse 2017 rispetto al 2016 e il meno 26% del gennaio 2018 rispetto al corrispondente mese 2017, si ripropone per l’anno in corso la scandalosa circolare programmazione 2017 e una classificazione che stravolge i valori degli ippodromi italiani e di fatto cancella l’ippica d’élite del nord.
I dati proposti dal Mipaaf sono poco attendibili.
Sono il risultato di un elementare rapporto fra mezzi impiegati e scommesse riversate e non propongono un’immagine globale del settore.
Dal punto di vista strettamente tecnico i parametri assunti risultano parziali e non portano a conclusioni corrispondenti alla realtà.
Gli studi sulle corse non tengono conto affatto di variabili imprescindibili per valutare la redditività di una corsa, quali il calendario, la resa per differenza di età, il giorno e l’ora di programmazione dell’evento, le riprese televisive, il cattivo uso della giustizia sportiva.
Per esempio, nel caso delle piste da corsa del trotto, il punteggio che concorre alla determinazione dei finanziamenti viene assegnato in base alla sola superficie, senza tenere conto delle caratteristiche plano-altimetriche della pista stessa. E così accade che una pista molto larga, magari troppo larga, con relativi problemi di manutenzione, una pessima geometria e un fondo altrettanto mal tenuto (e conseguenti pericoli per l’apparato locomotore dei cavalli) ottenga un punteggio più elevato di piste più strette, ma con eccellenti qualità tecniche, che permettono il raggiungimento di prestazioni migliori, salvaguardando, al contempo, maggiormente l’incolumità dei cavalli.
Ippica del futuro, un’ippica nuova
Di tutto si potrà discutere, tranne del fatto che il settore ippico stia attraversando una crisi giunta quasi ad punto di non ritorno: previsioni di bilancio clamorosamente sbagliate, prelievi dalle nuove scommesse inferiori alle aspettative, esplicito rifiuto di confronto con tutti i soggetti del settore, contratti collettivi di lavoro scaduti, posti di lavoro a rischio, alcuni ippodromi chiusi, altri in via di chiusura, pubblico, allevatori, proprietari, allenatori, guidatori, fantini in calo, montepremi in picchiata, sono dati alla portata di tutti ed assolutamente incontrovertibili.
E’ necessaria un’ippica sana capace di accerchiare quella delle menzogne, dei personalismi, della poca trasparenza, che hanno caratterizzato la conduzione dell’ex Unire, poi dell’Assi e del Mipaaf in questi ultimi anni. Ciascuna categoria, pur salvaguardando i propri interessi dovrà, nello stesso tempo, affiancarli a tutti quelli delle altre componenti (associazioni di categoria e organizzazioni sindacali) per un disegno comune. Solo in questo modo sarà possibile uscire dal tunnel, da una crisi che ha eroso la filiera ippica sino a minarne l’esistenza.
L’unica via di salvezza è quella di un progetto trasparente e la trasparenza del progetto viene dalla trasparenza delle persone, al Mipaaf prima di tutto e subito dopo ai vertici delle categorie, che dovranno partecipare al piano di stabilizzazione e rilancio. Mipaaf, Mef, associazioni di categoria, società di corse e organizzazioni sindacali attraverso un tavolo unitario di concertazione hanno il compito di confezionare un documento programmatico con una pianificazione almeno triennale in grado di garantire certezze agli operatori e tale da assicurare un percorso di autonomia economica.
Dovrà essere un progetto realistico, le bugie di questi anni stanno mascherando i problemi reali, che sono più gravi di quello che sembrano. Gli operatori ippici fanno fatica a sopravvivere, ed è in via di estinzione l’anello intermedio della catena: il proprietario. E se allevatori ed allenatori diventeranno allo stesso tempo anche proprietari (e ci siamo quasi arrivati), l’ippica, da evento sociale, tecnico, economico, assumerà sempre più i connotati di un modello virtuale, nel quale la qualità dei cavalli, delle professioni (compresa quella dei lavoratori), non avranno più alcun significato.
E sarà la fine. Un progetto serio, dunque, che comprenda anche sacrifici, ma per tutti e in eguale misura, partendo da un punto fondamentale ed irrinunciabile: la certezza del montepremi, voce prioritaria di bilancio e non residuale che, se anche non potesse ritornare da subito ai livelli sperati, dovrà essere comunque integrato, per quanto possibile, attraverso il taglio degli abbondanti sprechi di gestione di chi ha gestito e gestisce l’ippica.
Contemporaneamente occorrerà riorganizzare il settore delle scommesse con accorgimenti incisivi, quali la riqualificazione dello spettacolo e la certificazione del prodotto corsa e un rapporto nuovo, paritario e non minoritario con i Monopoli di Stato e nei confronti dei delegati alla raccolta del gioco, che dovranno lavorare per l’ippica e non viceversa, pagando i loro debiti e le quote di prelievo di spettanza Mipaaf.
Ottimizzare il prodotto ippico, non significa, o almeno non significa solo, rendere ogni corsa di cavalli produttiva: perché per “prodotto” ippico, non si può né si deve intendere la corsa o la gara fine a sé stessa, ma l’indotto che ne consegue, in termini di aumento degli appassionati, di aumento degli spettatori negli ippodromi, di aumento di allevatori, proprietari, allenatori, posti di lavoro, di qualificazione degli ippodromi. E questo si può ottenere solo con la qualità: dei cavalli allevati sempre meglio e indirizzati verso un programma agonistico che ne esalti le caratteristiche e produca spettacolo, di ippodromi adeguati ad uno spettacolo riqualificato.
L’opposto dell’operato del Mipaaf che sembra più “interessato -(Ferrante)– alle risorse economiche da gestire (e al potere che ne deriva), piuttosto che al rinnovamento. “
Maurizio Mattii