Facciamo uno sforzo di memoria per ricordare un’ippica che fu.
Si potrebbe iniziare, come per le favole con “c’erano una volta”, alcuni Enti tecnici e precisamente:

  • Jockey club italiano (per le corse al galoppo in piano);
  • Steeplechase d’Italia (per le corse galoppo ostacoli);
  • ENCAT (per le corse al trotto);
  • ENCI (per le corse del sella italiano).

A sovrintendere, coordinare e distribuire le risorse l’UNIRE.
Enti carichi di storia, conoscenze, passione trasformati da soggetti privati in enti pubblici e successivamente inglobati nell’UNIRE a sua volta trasformata in ASSI, cancellata per far confluire tutta l’ippica nel MIPAAF.
La distruzione dell’impalcatura che per decenni ha portato a far prosperare la filiera e le scommesse è coincisa  con una riduzione quasi totale dell’ippica che fu.
Visto che il fine istituzionale (art. 12 del Dpr 169/98 e art. 5 del D. Interministeriale 20.04.1999) dell’UNIRE era nel suo stesso nome “INCREMENTO RAZZE EQUINE” italiane e non estere e che questo mandato è stato passato, come il testimone nella staffetta, da ASSI a MIPAAF, guardiamo la classificazione degli ippodromi non solo da un mero problema di soldi, ma anche sotto il profilo legiferativo.

Il documento che suddivide in quattro fasce gli ippodromi sul territorio nazionale in:

  • Ippodromi strategici;
  • Ippodromi istituzionali;
  • Ippodromi commerciali;
  • Ippodromi promozionali;

è stata formulato senza tenere nella minima considerazione le necessarie sinergie tra i singoli settori.

Evidenziando platealmente, nei toni e nei contenuti, il livello d’involuzione, anche nei rapporti, raggiunto dal Mipaaf nella gestione del comparto.

Per il trotto c’è la presenza di tutte le fasce, ma un solo ippodromo strategico che rende poco credibile e sbilanciata, ancorché antistorica, la fascia alta della programmazione.
Nel galoppo dove vi è un maggior bilanciamento delle prime tre fasce risulta totalmente assente la fascia promozionale, tipica delle giornate estive e in notturna, che con il ricordo di alcuni ippodromi chiusi per vicissitudine varie o per essere stati messi “fuori ruolo” ingenera un senso di tristezza e di resa ad un avvicinamento del pubblico.
Il Galoppo ad ostacoli rimane circoscritto ad un solo ippodromo che pur essendo una gemma risulta essere un punto d’arrivo senza una strada che vi ci conduca.
Tutto il comparto delle corse -sia del cavallo italiano che del cavallo arabo- risulta cancellato dal panorama ippico italiano e quegli ippodromi che programmavano queste corse hanno pagato un duro prezzo.
Anziché incrementarle le razze equine dell’ostacolismo sono state cancellate.

A margine, è giusto rilevare che da qualche anno sono pervenute interessanti sponsorizzazioni sulle corse dei cavalli arabi.
Quindi, mentre in tutta Europa c’è una rincorsa a incentivare investimenti sulla razza araba, in Italia è stato studiato e pubblicato un progetto di classificazione per sopprimerla.
Non abbiamo parlato di soldi da distribuire, ma del modello utilizzato dal MIPAAF per disegnare l’ippica del futuro.

L’opposto dei suoi fini istituzionali.

Anche se abbiamo iniziato con “c’era una voltanon siamo di fronte ad una favola, ma purtroppo a una tragedia che si svolge su una sceneggiatura firmata (vedi decreto) da dilettanti, che anziché lavorare per far rivivere la bellezza e l’amore per il cavallo, la tensione e la passione che provoca una gara ippica, si adoperano per trascinare con logiche solo politiche l’ippica italiana nel fondo di una voragine dove seppellirla.

Organismo Ippico Italiano

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